Ciao Elli,
la newsletter torna con qualche giorno di ritardo ma per una buona causa: volevo che ti arrivasse mentre sei via e ti facesse compagnia durante il volo di ritorno dalla ventosa CPH.
La scrivo mentre tu sei già via, mettendo insieme tante piccole cose che ho collezionato apposta durante questo mese speciale.
Una delle cose che più mi piacciono di te è il tuo senso critico e la possibilità di confrontarci su qualunque cosa, per cui questa edizione della NL è in realtà una raccolta di articoli, saggi o scritti che mi hanno stuzzicata e sui quali avrei voglia di sentire anche il tuo parere.
Poche istruzioni:
accendi l’iPad per essere comoda
apri tutti i link agli articoli
metti in modalità aereo
buona lettura!
An Ode to Those Who Mother Us
Non ho molto da dire su questo pezzo del New York Times, solo l’ho trovato molto delicato nell’affrontare il tema della maternità e di farlo con una prospettiva diversa dalla narrazione più comune. Mi ha risuonato molte corde, e credo che possa toccare anche la tua di sensibilità.
Fare schifo non fa più schifo
Mi sono sentita presa in causa quasi in ogni riga dell’articolo. “L’unica cosa che ho imparato è che tutto quel tempo che ho passato a cercare di essere la più brava, avrei potuto passarlo a fare schifo.” Sembra parli proprio di me.
L'Italia è vuota, o forse no
Nell’articolo si cerca discute di quali dovrebbero essere le strategie da adottare per favorire lo sviluppo nei piccoli comuni che notoriamente rimangono fuori dalla quasi totalità dei progetti di innovazione. Si tratta di un pezzo che mi ha molto incuriosita perché è un argomento che ho affrontato da punti di vista anche molto diversi tra di loro durante la magistrale.
La prima reference te la allego qui sotto. Per l’esame di demografia avevo avuto da analizzare un documento che studiava, statisticamente parlando, come varia il tasso di occupazione a seconda della geografia di riferimento e come la classica dicotomia Nord-Sud non sia in realtà l’unico fattore ad avere una certa influenza.
L’assunto di base è che tra i tanti fattori che influenzano le possibilità di un territorio di svilupparsi ci siano, ad esempio, le caratteristiche demografiche e orografiche dello stesso. Se ti va ti insegno a leggere una regressione (questa gigantesca tabella piena di numerini), ma fondamentalmente ciò che emerge è che più i comuni sono: piccoli, meridionali, e ad alta quota, più lo sviluppo ne risulta compromesso. Analogamente, il buono stato di conservazione delle abitazioni, la presenza di stranieri, la quota di occupati e la ridotta distanza con un capoluogo, sono tutti fattori che incidono positivamente sulle potenzialità dell’area.
Il secondo riferimento che mi fa venire in mente è al corso di “Politiche per la sostenibilità, il territorio e il patrimonio storico-artistico” che aveva un modulo interamente dedicato alle politiche di sostegno e tutela del patrimonio culturale. Il professore lavorava per MEET, l’ennesimo spin-off di Fondazione Cariplo, un centro di ricerca dedicato alla Cultura e all’Arte Digitale (qui trovi un po’ di info https://www.meetcenter.it/it/cosa-facciamo/). Non ricordo esattamente di cosa avessimo parlato nel corso, ma ricordo con grande interesse una lezione sui distretti culturali e su come queste piccole realtà cittadine cercassero di fare rete tra di loro e di promuovere il proprio territorio anche da un punto di vista culturale, con l’idea che questo potesse essere anche motore di sviluppo economico. Spulciando un po’ online ho trovato il rapporto conclusivo del progetto, secondo me vale la pena una sbirciata.
Turismo - Lessico di Campanili
Una bella riflessione su che cosa voglia dire oggi essere turista. Poi mi farai sapere se tu sei della scuola “i posti vanno preservati e quinti tenuti lontani dal turismo di massa” oppure “la condivisione fa bene al territorio”.
L’Heure Bleue
Non un articolo ma un poetico corto da guardare quando ti senti sopraffatta.
Il carcere è un campo di battaglia dove perdono tutti
Anche questo è un retaggio dell’università, ma di uno dei primi esami della triennale. Nel corso di Diritto Costituzionale anziché studiare tutti gli articoli della Costituzione ci eravamo concentrati su alcuni e li avevamo approfonditi alla luce di alcuni contesti particolare come i condannati al 41bis (il cosiddetto “carcere duro”) e avevamo letto un libro illuminante di cui purtroppo non ricordo il titolo che mi aveva molto fatto riconsiderare l’idea dell’ergastolo, mettendo in luce tutta una serie di contraddizioni e di ingiustizie intrinseche a questo trattamento penitenziario e alla disumanità - intesa proprio come atto lesivo del diritto inviolabile alla dignità umana - di una simile pena. Anche il suo libro “ La più politica delle pene. La pena di morte” mi aveva lasciata con grandi interrogativi, soprattutto perché sono sempre stata favorevole alla pena di morte (in certi contesti e a certe condizioni), ma dopo aver letto questo libro ho radicalmente cambiato idea
Ogni tanto ritorna, l’interesse per questo ambito così crudele e così poco tutelato. Ho recentemente letto che pare che la Corte Costituzionale abbia giudicato contrario alla Carta il - di fatto - divieto di rapporti sessuali per i carcerati. Era una cosa su cui avevo molto riflettuto anche all’epoca e sulla quale non ero riuscita a prendere una posizione. Ora le mie idee sono più nette, e molto distanti dalla me post-adolescenziale.
Nell’articolo si racconta della vita delle guardie penitenziarie, un racconto tanto crudo quanto vero e dimenticato.
Siamo qui, un uomo e una donna, c'è parità?
Altro temone! Parità di genere e lavoro di cura. Una disamina molto attenta, ma anche molto cupa, di come la conciliazione lavoro-famiglia sia ancora molto lontana. La prospettiva è nuova, e ti sottolineo un passaggio secondo me disruptive: “Per Botti si tratta di trovare un’etica della cura come una riconfigurazione del territorio e della pratica della morale, che nulla ha a che vedere con il sesso di chi la pratica e nulla ha di femminile, ma che si può arricchire di una serie di considerazioni caratterizzate come femministe, quindi potremmo dire che è un etica femminista, più che femminile.” In quest’ultima frase c’è nascosto un mondo, non trovi?
La fine della coppi
a
“Se “due che si scrivono senza vedersi” è diventata faccenda da tribunale e non più da terza media, vuol dire che la relazione virtuale s’è rafforzata, è cresciuta, ha guadagnato dignità. Anzi prevale”
Cosa ne pensiamo di quanto scritto nell’articolo? Mica facile prendere una posizione
L'azzardo di Macron dopo la vittoria dell'estrema destra
Saltiamo di palo in frasca. Un piccolo update sulle vicissitudini francesi e sullo spauracchio di un ennesimo governo di estrema destra in Europa.
Goliarda Sapienza ci insegna ancora a non confondere la sofferenza con l’amore
“sto leggendo L’arte della gioia di Goliarda Sapienza. Mi ha sedotto dal titolo. Mi ha detto dalla prime pagine che la gioia non è una cosa facile. La gioia, mi ha detto, è un’arte che sa nascondersi molto bene, sotterrarsi, va scovata con tutti i mezzi possibili, coltivata, difesa anche con crudeltà: non va mai data per scontata. La gioia, mi ha detto, non è un diritto né un sentimento né qualcosa che accade. È un fatto che, se lo vuoi, devi farlo tu, un fatto tangibile a metà tra la costruzione metodica e cocciuta di qualcosa di solido ma cangiante, e l’arte, tramandata nei secoli o imparata in fretta per necessità, di saperlo costruire questo fatto tangibile, di sapere come manutenerlo; di essere pronti a tutto, ma a tutto veramente, pur di custodirlo.”
Questo libro ce l’ho in wishlist da un sacco, forse è finalmente giunto il suo momento.
(ma poi che nome bello è Goliarda Sapienza????)
Altro bel passaggio dell’articolo: “Ho sempre pensato che fosse la mia missione. La missione di tutti, in questa famiglia. Forse la missione dell’essere umano. Soffrire, per amore di coloro che ami. Soffrire per dimostrare l’amore. Soffrire non per dimostrare agli altri che li ami, o almeno non solo; soffrire per dimostrare a te stesso quanto è grande il tuo amore per quelli che ami.”
L'attacco del governo contro una scuola aperta e inclusiva
Da quando ho smesso di studiare ho preso molto le distanze “da quel mondo lì”. Ma la sensazione è che non si possa continuare a trascurarlo.
A volte è un po’ frustrante. Pensi all’Italia. Ovunque ti guardi servono riforme strutturali e serve farlo preso. E ti chiedi se ce la faremo mai, a trasformare questo Paese in un dono da tramandare alle generazioni future, perché possano prendersene cura.
Pur di salvare il capitalismo accetteremo la fine del mondo
“comprendere che affrontare la crisi ecologica richiede un programma redistributivo che riconosca la responsabilità storica di questa crisi”.
EH
E con questo possiamo dirsi chiusa anche questa edizione un po’ intellettuale della newsletter.
Alla prossima!
Chiara